Phebo: La storia del tempo perduto

Phebo La storia del tempo perduto
Phebo: (Foto © Barbara Gallozzi)

Phebo, alias Tiziano Finarelli, è uno dei nuovi cantautori più apprezzati nel nostro panorama musicale. Voce calda, emozionale, capace di trasportare al punto di coinvolgere immediatamente tanto con le parole quanto con la melodia dei suoi brani.

Da un mese è in rotazione radio con La storia del tempo perduto, il brano prodotto da Starpoint Corporation e Keep Hold, che lancia un messaggio estremamente positivo e importante: dobbiamo recuperare il vero senso della felicità riscoprendo ciò che ci fa stare bene attraverso una comunicazione vera, e non più fatta solo di apparenze.

Dopo tanti tour in giro per l’Italia con lo show dei personaggi, in cui imitava altri cantanti interpretandone le cover, Phebo l’anno scorso ha deciso di fare il grande salto di qualità, con canzoni di spessore che gli appartengono nella firma oltre che nell’esecuzione.

L’anno scorso in Sogna anche tu esplicitavi molto bene l’importanza di credere ai propri sogni. Con La storia del tempo perduto parli di un mondo che può caricarsi di speranza se si crede nelle proprie passioni. Ma nel successo di questo brano, ci credevi da subito?

Mi aveva dato immediatamente sensazioni positive. Non soffro la smania di lanciare un pezzo dopo l’altro: mi viene l’ispirazione, inizio a comporre, quindi analizzo ripetutamente tutto il lavoro. Quando lancio una canzone, voglio essere sicuro che questa abbia un messaggio importante da raccontare. La musica deve dare segnali precisi.

Arriva prima la melodia o il testo nelle canzoni di Phebo?

Non c’è una regola, a volte sono ispirato da una melodia su cui poi scrivo un testo capace di andare addirittura oltre e che richiede a quel punto uno sviluppo della musica. Ho avuto nel cassetto per tanto tempo melodie su cui non riuscivo a trovare il testo giusto per completarle: ho imparato che non bisogna avere fretta.

Phebo La storia del tempo perduto cover
Phebo La storia del tempo perduto – cover

Ecco, allora abbiamo trovato una regola!

Forse è proprio quella: avere pazienza di potersi esprimere con la propria arte, senza farsi condizionare da nulla se non dalla voglia di credere fino in fondo in ciò che si fa.

La storia del tempo perduto da metà ottobre ormai sta andando molto bene. L’emozione più grande che ti ha regalato questa esperienza finora?

Sicuramente sentire la mia canzone in radio. È stata la vera consapevolezza che il pezzo fosse realmente arrivato a qualcuno che riteneva opportuno farlo ascoltare ad altri.

Tu ascolti molto la radio?

Sì, credo che, nonostante tutto, sia ancora il mezzo credo più pratico per trovare novità musicali. La radio tiene compagnia mentre si fanno i mestieri in casa o, come nel mio caso, mentre si è in automobile. Io per lavoro viaggio molto e mi ritrovo sempre sintonizzato sulle radio che propongono soprattutto la nostra musica italiana. Naturalmente sapendo che, ahinoi, ci sono sempre dei limiti…

A cosa ti riferisci?

Si sa, gli artisti emergenti fanno sempre più fatica a trovare spazio nei grandi network. Per questo amo ascoltare anche le radio indipendenti e già l’anno scorso mi ha inorgoglito trovarmi nella classifica Indie (la classifica delle radio indipendenti, ndr).

E con le piattaforme web come la mettiamo?

Ci sono anche quelle, e in parte hanno sicuramente tolto anche loro qualche utente dalle radio, ma l’ascolto in quel caso è diverso: in radio non è il fan che ti viene a cercare, ma è l’emittente stessa a trasmettere la canzone. Chiaramente i tempi sono cambiati. Anche lo smartworking non ha aiutato: lavorando da casa si viaggia sempre meno, si fanno meno spostamenti e, di conseguenza, si ascolta meno radio a favore di playlist personali.

Oggi ascolterai, inevitabilmente, le canzoni con lo sguardo critico del collega di certi artisti. Ma che musica ascoltavi prima di diventare Phebo?

Da giovane andavo matto per le canzoni di Davide De Marinis con cui poi il destino ha voluto che incidessi un brano.

Nel frattempo però proseguono ancora spettacoli in cui proponi imitazioni di altri cantanti.

Quest’estate ho potuto fare finalmente uno spettacolo che raccontava davvero di me come Phebo, con l’occasione di portare sul palcoscenico diversi personaggi. Le due cose possono tranquillamente conciliare. Certo, ora inizio ad avere un mio repertorio che mi interessa molto di più poter portare in giro.